Trama
Luke è uno stuntman, un ragazzo che si guadagna da vivere facendo la punta di diamante in uno show di periferia: è un mago della moto ed il suo numero consiste nel fare il giro della morte in una gabbia di ferro a forma di sfera. Un giorno incontra Romina, una sua vecchia fiamma che non vedeva da tempo, da circa un anno, dall’ultima volta che era stato in città. Scopre che il figlio neonato della ragazza è suo e quindi, davanti al peso della responsabilità, decide di piantare il lavoro, per essere vicino al figlio, stabilendosi nei paraggi della sua ex. Ha bisogno di un lavoro e lo trova presso un meccanico, un uomo che un tempo aveva fatto qualche rapina in banca. Il meccanico gli propone quindi di rimettere in piedi la vecchia attività, viste le abilità di motociclista del suo nuovo collaboratore. Cominciano così a fare qualche rapina e tutto sembra andare bene, fino a quando, dopo una lite Luke decide di farne una per conto suo, ma gli va male: incontra Avery, un giovane poliziotto che lo ferma. Inizia così la storia di Avery che diventa un eroe per avere impedito a Luke di compiere la rapina. Dei colleghi corrotti cominciano ad avvicinarlo con l’intento di coinvolgerlo nei loro traffici. La storia si interrompe e riprende 15 anni dopo, con il figlio di Avery, AJ (ragazzo spavaldo ed amante della bella vita) che fa amicizia con Jason, il figlio di Luke (ragazzo introverso che fatica a legare). I due diventano amici, ma presto le cose si complicano e nella faccenda viene coinvolto anche Avery.
Recensione
Ecco, l’elemento di particolarità del film è proprio questo: una sceneggiatura che unifica due elementi, che per più di metà film sono stati separati, in un epilogo risolutivo che dà senso parzialmente ad una struttura che sembrava essere poco solida. Il problema del film è legato al suo pregio strutturale: la comparsa quasi casuale dei protagonisti dà loro un’aura di incolpevole inconsapevolezza incastrandosi bene con l’atmosfera fatalista del film, ma al contempo penalizza una chiara comprensione del bisogno dei protagonisti e questo fa provare allo spettatore (o per lo meno al sottoscritto) un senso di smarrimento che viene in parte riscattato dalla terza parte, in cui quasi tutto sembra conciliarsi.
Lo stile appare invece l’elemento migliore del film: i toni, i dialoghi, il senso di desolazione del film, i destini dei protagonisti ecc., richiamano con accenti ben marcati, ai neonoir che negli ultimi anni hanno fatto il loro ingresso nei cinema, uscendo spesso con il consenso della critica e del pubblico (Mystic River su tutti, con l’immagine della macchina, il tema del ritorno al passato e dell’impossibilità di scostarsi da quello che il caso o il destino hanno scelto). L’atmosfera da periferia urbana, attraversata da persone che tirano a campare camminando in bilico sulla fune che divide il lecito dall’illecito, ben si abbina al senso di desolata rassegnazione che anima delle vite opache e terribilmente modeste dei personaggi del film. Personaggi sbandati per i quali una rapina in banca può risolvere i problemi, almeno per un po’, tramutandosi in una soluzione comoda e temporanea, per poi diventare in definitiva l’unica possibilità concretamente accessibile per riscattare una vita intera. Esistenze accomunate da una rabbia che legittima anche il crimine e la violenza, spianando la strada dell’illegalità al giovane reietto che sogna di ricompattare una famiglia mai nata e al poliziotto ad inizio carriera che si trova coinvolto in brutti giri quasi senza accorgersene: entrambi hanno quindi nell’ingenuità forse la colpa più grossa. Una speranza che si accende ad intermittenza,quindi, quella di tutti i personaggi: anche il poliziotto, eroe per caso che sogna una carriera che otterrà, dovrà pagare però il prezzo di dover mantenere un figlio scapestrato ed incorreggibile, invischiato in una costante e forsennata rincorsa al godimento immediato e alla facile esaltazione del momento. Tutto in questo film offre un lato in penombra, portatore ed al contempo simbolo di un contraltare inevitabile, che ha in una desolazione rassegnata il prodotto di un' esistenza perennemente a picco su un burrone di squallore. Una lieve speranza sembra accendersi per il figlio di Luke, quando riuscirà a comperarsi una moto con la quale andrà via: ma forse si tratta solo di un ritorno a quella che fu l’attività di stuntman del padre, quasi come se la velata speranza qui descritta non fosse altro che un oscuro presagio (offerto a beneficio dello spettatore) che incombe sulla testa del ragazzo, il quale appare quindi condannato a ripercorrere le orme del padre, in una sorta di eterno ritorno che impedisce il cambiamento, senza però spegnere mai la fiammella della speranza, così da rendere il finale tanto poetico quanto beffardo.
Voto 7
G.P.