lunedì 16 settembre 2013

Il Mondo di Arthur Newman - Recensione


Regia Dante Ariola
Interpreti Coin Firth, Emily Blunt, Anne Heche

Trama

Wallace Avery è un uomo scontento della sua esistenza, sopraffatto dalla desolante routine della sua vita e non vede alcuna via di scampo. Decide quindi di darsi alla fuga, abbandonando la moglie e il figlio (avuto da un precedente matrimonio) e di diventare un’altra persona, assumendo il nome di Arthur Newman. Ben presto incontra una ragazza sbandata e un po’ punk di nome Mike, alla quale salva la vita; come lui anche la ragazza sta fuggendo da qualche cosa. Nonostante siano sconosciuti l’uno all’altra i due decidono di mettersi in viaggio e, spinti da una curiosità reciproca, imparano a conoscersi, fingendo di essere ciò che non sono. Cercano così di dimenticarsi le loro esperienze passate e di costruire un futuro accettabile per entrambi.

Recensione

Come lasciarsi dietro angosce, sofferenze, delusioni d’amore e lavorative, rapporti non compiuti e dubbi esistenziali? Si rinuncia alla propria identità, scivolando dentro quella di un altro, chiunque esso sia. Il protagonista di questo film è una sorta di moderno Mattia Pascal, che incontra però una giovane donna, complicata almeno quanto lui, che usa lo stesso stratagemma. Accomunati della stessa situazione, creano attorno a loro una sorta di isola deserta che li protegge, dando loro rifugio e riparo dalle loro vite un po’ sbilenche e insoddisfacenti. Su quest’isola sanno scoprirsi, ma ogni qualvolta si accorgono che la finzione è svanita, lasciandoli reali e visibili l’uno agli occhi dell’altra, si allontanano attendendo che le reciproche maschere si ripristinino. Oppure semplicemente le prendono in prestito, camuffandosi come le coppie che incontrano casualmente per strada, e arrivando persino a consumare il loro sentimento nelle case vuote di questi ultimi. La cosa si complica quando le loro vite passate si manifestano sotto forma di rimorso, di rimpianto e di senso di colpa, spingendoli reciprocamente verso i loro punti di partenza (e di reale appartenenza). Il film gode di una discreta forza soprattutto per merito della coppia di personaggi (e di attori) che, nonostante all’apparenza sembri poco credibile, trova proprio in questo male assortimento di costumi e di astrazione sociale, la spinta verso quell’autenticità che farà sentire i due fuggiaschi una vera coppia. Emergeranno le responsabilità e le priorità dei due protagonisti, e l’accettazione della propria incompiutezza diventerà uno stimolo verso la vita lasciata alle spalle e non più un freno che prelude alla fuga. Il film ha una buona fotografia, caratterizzata dalla presenza di inquadrature morbide, ad incorniciare momenti di tenerezza, e delle altre taglienti, a restituire il sentore di un’amarezza. Le scene più intime sono trattate con sentimento, profondità e tatto, ma è in alcuni momenti di distensione che il film stenta a coinvolgere, poiché sembra che non ci sia il coraggio o la forza di approfondire i silenzi della coppia, che vengono quindi filmati e mostrati in maniera talvolta convenzionale. Il film non si abbandona spesso all’ironia, forse per paura di allontanarsi dal suo approccio drammatico, ma con un tocco di humor in più la pellicola avrebbe potuto risultare più completa e profonda e i personaggi sarebbero stati più incisivi, e non si sarebbe peraltro corso il rischio di alterare la buona dose di triste rassegnazione che caratterizza il film. Un film che sa che corde toccare, ma le tocca con poca decisione, quasi come se avesse paura di strafare e di risultare pesante. Proprio per questo motivo invece si ha la sensazione che il film passi, scorrendo via con un fruscio la cui eco si sente per troppo poco tempo. Non un film che rimane a lungo impresso nella testa dello spettatore quindi, nonostante avesse tutte le carte in regola per poterlo essere, ma che comunque piace per l’originalità del tema trattato, per l’interpretazione misurata dei protagonisti e per gli scorci di paesaggi che vengono ritratti. L’inno alla fuga che Wallace/Arthur incarna è adolescenziale e vigliacco, ma anche epico e romantico e proprio per queste ragioni riguarda tutti,
poiché racconta la tensione mai risolta che incarna la domanda fondamentale su chi siamo e su chi vogliamo essere.

Voto 6/7

G.P.

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