domenica 8 settembre 2013

In Trance - Recensione


Regia Denny Boyle
Interpreti James McAvoy, Vincent Cassel, Rosario Dowson.

Trama

Simon è un truffatore appartenente ad una banda di malviventi. Cerca di rubare un quadro facendosi assumere in una casa d’aste, ma ben presto decide di raggirare i suoi complici e il suo capo Frank, sottraendo loro l’opera d’arte. Viene però tramortito da Frank ed in seguito a questo scontro perde la memoria. Dopo averlo torturato con l’intento di fargli rivelare dove ha nascosto il quadro, Frank decide di farlo incontrare con un’ipnoterapeuta, sperando così di poterlo scoprire.

Recensione

Il film comincia con il piglio decisamente giusto, possiede un dinamismo espositivo che ricorda in alcuni punti Scorsese e il suo montaggio serrato ed elegante tipico di film come Casino e Quei bravi ragazzi (senza però eguagliarlo, intendiamoci). Purtroppo però si perde man mano procede con lo sviluppo della storia. È il classico film che è costruito per sfociare nel colpo di scena e questo lo rende di per sé, per così dire, prevedibile, ma tale prevedibilità è da imputare al tipo di film in questione e non (totalmente) al film in sé. Procede in maniera spedita e con momenti di raffinato virtuosismo visivo, soprattutto nelle fasi più oniriche che avvicinano il protagonista alla risoluzione del mistero. Poi però il film si complica diventando un’esibizione di contorsionismo narrativo, che ha come maggiore pecca quella di avere nella sua seconda parte, non un momento di svelamento, bensì un accumulo di momenti scioccanti che finiscono per confondere le idee allo spettatore. Nonostante si tratti di un complesso ingranaggio ad incastro, a tratti anche pregevole, finisce però col perdersi in spiegazioni e rimandi alla prima parte riducendo così la seconda parte ad un appendice della prima, nella quale vengono presentate soluzioni narrative e sviluppi della storia non sempre azzeccati e talvolta eccessivi nella loro volontà di stupire e nella poca attinenza con il resto della storia. Rimane comunque un grande sfoggio di talento visivo, con giochi di specchi, immagini deformate e suoni che sono funzionali all’atmosfera distorta del film, ma che alla lunga risultano essere elementi puramente scenografici presentati in maniera a volte compiaciuta, finendo così col perdere la carica incisiva e la chiarezza con la quale erano stati utilizzati in precedenza. I personaggi non sono quello che appaiono anche se nemmeno loro sembrano saperlo, ma questo elemento che inizialmente incuriosisce e non poco, alla lunga fa perdere il filo della storia e disaffeziona il pubblico al protagonista, lasciandolo più contrariato che intrigato. Quindi il film ha nelle sue corde la possibilità di affrontare e sviluppare un tema elaborato e complesso, come quello relativo ai lati oscuri della psiche e all’indipendenza di quest’ultima dalla volontà umana, ma purtroppo finisce col fermarsi alle soglie di questo discorso. Il regista Danny Boyle sembra ignorare la concreta possibilità di ampliare gli orizzonti della sua pellicola e si lancia così (come è suo diritto) in uno sviluppo narrativo che presta particolare attenzione alla suspance e alla tensione crescente (elementi per lunghi tratti ben utilizzati), ma proprio il mancato sviluppo del suo tema fondante impoverisce la pellicola, negandole profondità. In definitiva si tratta di un film che ha nella forza visiva e nell’originalità del tema trattato i suoi punti di forza, ma che ha nell’impianto narrativo fin troppo ingarbugliato, nella mal gestita ambiguità del protagonista (e dei personaggi che gli ruotano attorno) e nel mancato sviluppo dei suoi temi centrali i suoi limiti più evidenti.

Voto 5

G.P.

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