Trama
In un mondo devastato da terremoti e sciagure di ogni tipo il genere umano è stato costretto a spostarsi su Nova Prime. Cypher Raige (Will Smith) è il comandante decorato a bordo di una navicella mandata in perlustrazione nello spazio assieme a suo figlio Kitai (Jaden Smith), cadetto rimandato della scuola militare. Deciso a seguire le orme del padre, Kitai, spinto dalla madre, viene imbarcato a bordo della navicella col padre, ma quando una pioggia di meteoriti colpisce l’astronave gli unici due superstiti sono proprio padre e figlio. Atterrano fortunosamente su un pianeta apparentemente selvaggio: la Terra. Qui ogni cosa si è evoluta per proteggersi dall’uomo. Purtroppo per salvarsi i due dovranno recuperare un marchingegno rimasto sulla parte posteriore della navicella, che si è spezzata in due parti che si trovano a circa 100 km di distanza. Immobilizzato da una frattura alla gamba Cypher ordina al figlio di andare a raggiungere l’altra parte della navetta spaziale, con l’aiuto di una tecnologia avanzata che permetterà ai due di rimanere sempre in contatto. Ma nonostante i suggerimenti del padre Kitai sarà solo in questa avventura, in cui un suo eventuale fallimento comporterebbe la sua morte e quella di suo padre.
Recensione
La trama può scoraggiare gli spettatori non appassionati di fantascienza, ma il film in questione non è soltanto un film di genere. Come capita in questi anni i generi si mescolano, ed una storia visivamente fantascientifica, si rivela essere in realtà una sorta di romanzo di formazione. La struttura del film ricorda molto di più invece un thriller, per la precisione il thriller di Alfred Hitchcock la finestra sul cortile. Lo stato di immobilità del padre, unito alla tecnologia a sua disposizione, fanno si che questo film assomigli per progressione narrativa e momenti di tensione al capolavoro del maestro del brivido. Lo spettatore è quindi l’occhio del padre che pedina le azioni del figlio. Contrariamente alla finestra sul cortile, però questo espediente risulta presente di più nella prima parte, mentre nella seconda l’inattività del padre è più uno stratagemma per innalzare il pathos, ma diventa un’occasione per far maturare la sua fiducia nei confronti del figlio. L’occhio del padre nella sua più totale parzialità infatti tradisce quasi subito la pretesa di controllo totale di cui sembra volersi fare portatore, trasformando quindi il film in una parabola sul distacco e sulla crescita del figlio e sulla possibilità di un’eventuale successione al padre in un futuro prossimo. Il film è anche attraversato da sporadici momenti di suspance misti a horror (il sogno in cui il protagonista immagina la sorella morta) che sono il marchio di fabbrica del regista, m. night shiamalan, che non è nuovo a momenti di tensione altissimi, disseminati qua e là all’interno dei suoi lungometraggi. Il senso di desolazione che dà la storia e l’ambientazione sono resi bene dai colori, smorti e lugubri. L’odissea del ragazzo è tormentata e travagliata, ma ricca di insidie che daranno vita alla maturazione di quest’ultimo. È anche un film sulla paura e sulla sua effettiva valenza: esiste davvero o è un nostra invenzione, propensione o campanello d’allarme per proteggerci dal circostante? Ovviamente essendo un film che può definirsi di formazione, lo sviluppo e la maturazione del figlio non mancheranno, e ad essi si accosterà una maggior fiducia da parte del padre, che migliorerà il rapporto tra i due: quindi su questo fronte niente di originale, niente che possa sovvertire i canoni del genere, ma semplicemente li rispetta con molto rigore, accogliendo però lo stile particolare e riconoscibile (solo a sprazzi però, in questo film) del suo regista. Gli scenari sono preistorici e il cielo è spesso cupo, e se sereno non è di certo rassicurante. L’abbondante uso degli effetti speciali non oscura il film come capita spesso in questo genere di pellicole, ma si accosta alla storia, diventando funzionale ad essa. In definitiva un film non originalissimo (può ricordare Il pianeta delle scimmie ed Apocalypto per struttura ed
ambientazione), ma che si fa vedere in maniera abbastanza scorrevole senza picchi né troppo alti ne troppo bassi di spettacolarità o di noia: un film modesto, ma godibile.
Voto 5/6
G.P.
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