sabato 10 agosto 2013

Uomini di Parola - Recensione



Trama

Dopo essere uscito di galera, Val (Pacino) viene accolto da Doc (Walken), un vecchio amico e “collega”. I due cominciano a ricordare gli anni passati, trascorrendo una serata che ha come scopo quello di far tornare Val alla vita vissuta, fatta di bar bevute e donne. Ma Doc ha il compito di uccidere Val, incarico assegnatogli da un boss della zona, desideroso di uccidere Val poiché quest’ultimo sarebbe stato la causa della morte del figlio. Così, rivelato a Val lo scopo del loro incontro, i due rintracciano Hirsch (Arkin), una mago della guida, e lo ritrovano all’ospizio dove vive da qualche tempo e, tra un furto d’auto ed una notte trascorsa in dolce compagnia, i tre decidono di architettare la fuga.

Recensione

“Cos’hai intenzione di fare?" - "Finire il liceo”. Una frase del genere pronunciata da tre ex malviventi al tramonto delle loro esistenze, potrebbe essere la sintesi di quello che questo film avrebbe potuto essere: disincanto e malinconia misti ad ironia e senso del comico. Il film parte da uno spunto molto promettente, allacciandosi al filone nostalgico della serie “quando eravamo giovani”, ma purtroppo sembra rimanere sempre in bilico, non concedendo quasi nulla alla malinconia e lasciando poco spazio alla comicità. Infatti quest’ultima è espressa stancamente da qualche situazione comica, come l’erezione infinita di Al Pacino, o le droghe che negli anni sono state sostituite dai farmaci, intervallate da qualche boccata di ossigeno, presa direttamente dalla bombola. Di ben altro spessore avrebbe potuto essere l’approccio alla situazione “vecchiaia”, che avrebbe dovuto comprendere una riflessione più profonda sul tempo che passa. L’incombere della morte invece è più esplicito, espresso dall’impianto narrativo, che la vede aleggiare costantemente sulla testa di Val, per poi manifestarsi in maniera più concreta. Gli attori ricalcano fedelmente i rispettivi stili recitativi, non scadendo nell’abuso (come ha fatto De Niro per tutta la prima decade del 2000), evitando così di correre qualche rischio. Al Pacino rimane il solito istrione dalla camminata sbilenca, dal ciuffo intrattabile e dall’occhiata feroce e Walken (l’indimenticabile Nick de “Il cacciatore”), mantiene i suoi sguardi lunghi e freddi per poi scongelarli, quando l’azione volge al termine, senza mai però scioglierli del tutto, Arkin invece, recita leggermente sotto tono, caratterizzando un personaggio lucido al volante, freddo nell’approccio, ma irrimediabilmente immalinconito dal tempo: insomma, sembra che sui tre premi Oscar si sia adagiata un po’ di polvere, ma si sanno far riconoscere e sanno ancora, a tratti, accendere la scintilla. Altro punto debole del film: il finale. Su tutto il film aleggia lo spettro della morte, ma un finale poco incisivo rimanda tutto ad un “chissà “ (e qui mi fermo…). Il trailer poteva riportare alla mente i film di Clint Eastwood, con le loro luci morbide e sfumate e con l’incombere persistente del passato sul presente e il bisogno di una redenzione tardiva e forse impossibile, al quale tra l’altro sembra far riferimento in alcune situazioni (l’acquisto dell’abito al termine del film richiama il medesimo gesto di Walt Kowalsky in Gran Torino): invece qui l’attesa viene delusa a causa di un prodotto che non ha la profondità adeguata, risultando, tutto sommato, una discreta commediola mista ad un po’ di azione sgangherata, che si limita quindi ad essere un racconto qua e là divertente, senza mai però affondare il colpo, evitando sempre di prendersi seriamente. Non ha però soltanto lati negativi: è un film che a tratti sa divertire, che regala momenti piacevoli, e divagazioni impreviste (anche se non sempre azzeccate: come l’episodio della ragazza trovata nel bagagliaio), gag e battute indovinate (la confessione in chiesa, per dirne una) e momenti di reale commozione. Un film che si può vedere tranquillamente, senza la necessità di una concentrazione eccessiva, che ha nella leggerezza (un po’ casuale e forse non del tutto voluta), l’elemento che lo rende fruibile e divertente, ma che al termine della proiezione lascia l’impressione che avrebbe comunque potuto trattarsi di qualcosa di più.

Voto 6-

G.P.

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