Regia James DeMonaco
Attori Ethan Hawke, Lena Headley, Adelaide Kane, Rhys Wakefield
Trama
Stati uniti, 2022. Il governo americano ha varato una legge drastica per contenere la criminalità: una notte all’anno è legale compiere qualsiasi tipo di reato. In questo modo, concentrando i tutti crimini in dodici ore, paradossalmente l’America ha raggiunto la prosperità. La famiglia Sandin, composta dal padre James, venditore di impianti di sicurezza, madre Mary e i due figli Zoey e Charlie, si sta preparando alla notte dello “sfogo” barricandosi in casa, ma quando il figlio apre le porte ad un barbone che sta fuggendo da una banda di teppisti, questi ultimi intimano alla famiglia di consegnare loro il fuggitivo. Ha inizio così una notte spaventosa per la famiglia benestante, che sarà combattuta tra il consegnare l’uomo e proteggerlo, preparandosi così a difendersi dagli attacchi degli intrusi.
Recensione
La premessa di questo film apre sicuramente un infinità di domande che animerebbero dibattiti infiniti, come si nota in sottofondo in alcuni stralci del film. Ma il film in questione è un thriller claustrofobico che sfocia in horror non appena compare il gruppo di ragazzi, probabilmente dell’alta borghesia cittadina, che improvvisa in maschera un’allegra carica alla famiglia Sandin. Ricorda Arancia Meccanica per l’uso delle maschere e il fare scanzonato ed infantile (perlomeno nel linguaggio) e lo ricorda ancora di più quando il capobanda si toglie la maschera: una sorta di Alexander De Large che riesce a risultare incredibilmente più inquietante, indemoniato e disturbante dei suoi compari mascherati. Perché in fondo è qua che risiede l’escamotage narrativo che accende la miccia della tensione: la violenza è liberata come un fiume privo dalla propria diga, che si solleva non lasciando scampo. La distorsione delle leggi dell’uomo si traduce in un’efferatezza legalizzata, tanto spaventosa nell’esecuzione quanto innocente e legittima nell’ottica finalistica dello stato (e di conseguenza anche agli occhi della gente, che aderisce allo “sfogo” anche per paura di ritorsioni): raggiunge un livello di atrocità senza pari la frase pronunciata dal capobanda: “Ci lasci entrare a prenderlo, è un nostro diritto!”. Ad acuire tale ferocia ci sono gli atteggiamenti infantili che assumono i componenti del gruppo, rivelando così una sorta di istinto innato alla violenza, che fa regredire chi la compie a bambino privo di qualsivoglia nozione etica, che agisce quindi per istinto. La suspanse viene creata utilizzando gli elementi classici del genere come la luce che viene tolta, e il senso di claustrofobia viene aumentato dall’impossibilità di fuga e dall’obbligo di affrontare gli intrusi. Questa tecnica, abusata in questo genere di film, colpisce nel segno poiché la tensione è palpabile e le atmosfere serrate trasformando ben presto questo thriller in un horror terrificante. Il tappo che salta tramutando l’altro, anche più prossimo, in un bersaglio o in un assassino, porta con sé una componente di irreversibilità che rivela l’espediente dello “sfogo” in tutta la sua insensatezza e schizofrenia. L’unico della famiglia che si oppone, per quanto gli sia possibile, è il figlio minore, che fa entrare il reietto in casa. Messi a contatto con l’atrocità concreta che questa legge comporta, anche il resto della famiglia però si renderà conto dell’effettiva assurdità di tale pratica, e solo allora saprà schierarsi apertamente, preparandosi così all’incursione nella villa da parte della banda. Il finale spettrale ed agghiacciante sembra testimoniare l’incompatibilità di una legge tanto assurda con l’indole umana, nonostante sia proprio quest’ultima ad averne fatto sentire la necessità, ed è proprio questa dicotomia che rende la questione tanto assurda quanto controversa. Il silenzio che pervade questa scena tratteggia un finale lugubre che ha nel sorgere di un nuovo giorno la manifestazione di un inquietudine strisciante che non si placa, facendo così da contraltare e da eco, con la sua freddezza glaciale, a tutta la violenza vista durante il film.
Alcuni elementi che si concludono in maniera frettolosa, come la vicenda del fidanzato della figlia per dirne uno, non rovinano però un film che risulta compatto e che ha nella breve durata (80 minuti circa) un punto di forza, poiché la concentrazione della violenza in così poco tempo, ed il suo improvviso scomparire, rendono più solido il film e più incisivo il discorso. Un espediente che avrebbe potuto far alzare ulteriormente la tensione avrebbe potuto essere la presenza di un timer, in un angolo dello schermo, così da permettere allo spettatore di poter sapere dopo quanto “la partita si sarebbe conclusa”. Nel complesso si tratta di un film che spaventa e che sa porre domande profonde, provocando lo spettatore e lasciandolo, alla fine della proiezione, con qualche quesito in più in testa.
Voto 7
G.P.
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