Regia: Pete Docter
Trama
Riley è una bambina di
11 anni, serena e felice. Il suo mondo viene però sconvolto dal
trasloco che è costretta a intraprendere e che dal Minnesota la
conduce fino a San Francisco. Le cinque emozioni principali
che abitano in lei, Gioia, Tristezza, Rabbia, Paura e Disgusto,
cominciano a smuoversi: Disgusto sembra non gradire la novità, Paura
continua ininterrottamente a redigere elenchi di possibili catastrofi
imminenti, Rabbia stenta a trattenersi e Tristezza è come al solito
nell’apatia più totale; solo Gioia cerca di tenerli a bada
regalando loro la speranza che il cambiamento possa rivelarsi
favorevole per Riley. In uno sfortunato incidente però Gioia e
Tristezza vengono scaraventate fuori dalla torre di controllo nella
quale risiedono, fino ad trovarsi nel bel mezzo dei ricordi più
disparati della bambina. Le restanti emozioni non sono però in grado
di conferire alla piccola la serenità necessaria e così la
ragazzina, in un moto rabbioso, decide di fare ritorno nel Minnesota
da sola. Il pericolo più grosso per lei è però rappresentato dalla
possibilità di vedere distrutti i propri capisaldi esistenziali,
incarnati della isole della personalità, rischiando così di cadere
nell’apatia più irrimediabile e totale. Gioia e Tristezza
cercheranno quindi di bilanciarsi a vicenda per fare ritorno alla
zona di comando e per cercare di salvare il futuro della ragazzina.
Recensione
Come provare a descrivere
gli stati d’animo che indirizzano le nostre azioni? Come riuscire a
rendere la complessità di quel magma indecifrabile, multicolore e
multiforme che agita e smuove le nostre decisioni e le nostre scelte?
È complicato, non c’è dubbio. Ma da sempre attraverso le storie
per bambini (e di questo la Pixar ne sa qualcosa), la natura
complessa della realtà può essere accolta e filtrata attraverso uno
sguardo innocente e curioso, per poter poi essere restituita al
pubblico dei più piccoli e non solo. Quando però il tema trattato
risulta ostico anche ai più adulti (poiché il mondo delle emozioni
è il meno razionalizzabile e il più complesso che ci sia) ecco che
allora il mezzo della favola si fa universale, rendendo accessibile a
chiunque anche il discorso più complesso, colorandolo di risvolti
maturi e portandolo così a compimento in una fiaba che riesce a
semplificare senza alterare l’essenza del messaggio.
È così che le 5
emozioni dominanti – Gioia, Tristezza, Rabbia, Paura e Disgusto –
si trovano a scomporre (e quindi a formare) l’universo emotivo
della piccola Riley, generando, attraverso la loro interazione, le
sfumature psicologiche che ne determinano il comportamento.
Davanti agli occhi dello
spettatore si spalancano così le porte di un mondo coloratissimo,
sospeso sul buio dei ricordi dimenticati, un universo a picco
sull’oblio, in costante equilibrio sul vuoto. E così Gioia e
Tristezza, dopo essersi smarrite lasciando il comando alle restanti
emozioni (situazione che offrirà degli spunti comici esilaranti),
dovranno cercare di fare ritorno alla torre di controllo, in un
viaggio che le vede contendersi l’anima in tumulto della piccola
Riley, alle prese con un trasloco mal digerito e con quegli 11 anni
che sanno tanto di cambiamento. Il tutto però stando sempre bene
attente a non guardare in basso per non finire (letteralmente) nel
dimenticatoio.
Indissolubilmente
intrecciate, le due facce della stessa medaglia emotiva, dovranno
cercare di andare a braccetto se vorranno salvare il futuro della
piccola dall’apatia e dal pericolo che possa non provare più
niente. Attraverso la scoperta della funzione catartica della
tristezza e del pianto i 5 sentimenti troveranno un loro
bilanciamento che permetterà a Riley di poter sopravvivere ad un
momento buio come un ricordo offuscato, immergendosi in un futuro
pieno di gioie, caratterizzato dall’istinto per l’avventura e dal
gusto per la scoperta. Una scoperta in grado di accendere una
ritrovata fiducia nella vita, che diventa appassionato slancio verso
il domani…e pazienza se sulla consolle gestita dalle nostre
emozioni comparirà l’incomprensibile termine “pubertà”,
tanto, come commenta la voce fuori campo, “a dodici anni cosa mai
potrebbe succedere?!” (sigh!).
Ancora una volta la Pixar
fonde in maniera impeccabile due universi cromaticamente differenti –
quello luminoso della stabilità, della serenità e della coscienza e
quello tetro ed ostile del cambiamento, della malinconia e dell’oblio
– che si uniranno fino a rivelarne la complementarietà di fondo a
fronte di un’apparente contrapposizione. Come è tipico dei
migliori film d’animazione, il tutto viene fatto in maniera tanto
impeccabile da rendere invisibile agli occhi del pubblico il punto di
raccordo tra questi due mondi, consentendo quindi allo spettatore di
godere della splendida sfumatura che ne deriva.
Altra fusione
incredibilmente riuscita è (per l’appunto) quella tra il dentro e
il fuori, tra l’interno e l’esterno, tanto perfetta da riuscire
ad illuminare un discorso che avrebbe potuto incappare nel
didascalismo o nella pedanteria. Tutto questo senza entrare nel mondo
della razionalità più puntigliosa o della spiegazione macchinosa,
ma ricorrendo ad una descrizione della mente umana vista come un
laboratorio in cui vengono miscelati differenti elementi, tanto
differenti tra loro da rendere imprevedibile il risultato.
D’altronde, come si dice in questi casi, la scienza può essere
vista come una forma d’arte e, a quanto pare, talvolta si può fare
dell’arte perfino prendendo la scienza come spunto.
Voto 8
G.P.
Nessun commento:
Posta un commento