lunedì 20 gennaio 2014

Il Grande Match - Recensione


Regia Peter Segal
Attori Sylvester Stallone, Robert De Niro, Kim Basinger, Alan Arkin, Jon Bernthal, Kevin Hart

Trama

Henry “Razor” Sharp è un ex pugile che vive di rimpianti. Anche Billy “The Kid” McDonnen è un ex pugile, ora imprenditore nel campo delle automobili, dedito alla bella vita e al divertimento. La loro rivalità sportiva si ferma ai due incontri disputati in gioventù, terminati con una vittoria a testa. Pare invece che dietro l’odio che li accomuna (e dietro l’improvviso ritiro di Henry) ci siano motivi più profondi. Un giorno Dante Slate Jr, figlio di un famoso impresario del settore, propone loro una collaborazione per un videogioco, a cui poi seguirà la possibilità di disputare quell’incontro di spareggio che anni prima non si era combattuto. All’orizzonte spunta però BJ, il figlio di Billy, e Sally, una ex fiamma di entrambi, che fa riaccendere la rivalità tra i due contendenti.

Recensione

È tipico di un periodo privo di idee ed immaginazione, andare a ripescare storie dal passato per provare a rivisitarle, cercando di ricavarne ancora qualche cosa. Questa pellicola va oltre: non si limita infatti a riesumare i personaggi del cinema passato (quelli di Rocky e di Toro Scatenato), ma cerca di rispolverare le carriere di due attori di Hollywood ormai arenatesi, ed in perenne bisogno di ossigeno. Mette certamente molta tristezza vedere un film come Toro Scatenato accostato ad una saga, seppur di successo, come Rocky (paragone indiretto, ma evidente, vista l’accoppiata di attori designati per la parte), ma mette ancor più dispiacere vedere Robert De Niro paragonato a Stallone (che forse in questo film addirittura lo supera in intensità). Il film non è che la storia scontata di un amore troncato e di una rivalità mai sfociata in un confronto definitivo. Storia di rimorso e di rimpianto quindi, che però non va oltre il clichè, e che inevitabilmente viene declinata in chiave melensa e buonista attraverso una riappacificazione tanto improvvisata quanto banale. Unica nota che rende il film a tratti sopportabile è l’ironia (da parte dei due protagonisti, ma soprattutto di Alan Arkin, l’allenatore di Henry, e di Kevin Hart, l’organizzatore dell’evento), che distoglie temporaneamente l’attenzione dal “già visto”, facendo così respirare lo spettatore. Ironia per nulla originale, si intende, fatta di battute sull’età che avanza e punzecchiature infantili, che lasciano qualche dubbio sulla reale serietà dell’attrito tra i due protagonisti. L’uno ombroso e retto, l’altro gigione e strafottente fino all’irritazione, nel mezzo una donna (Kim Basinger, anche lei come De Niro, una stella decaduta), che ovviamente alla fine saprà fare la scelta giusta, accasandosi presso il tormentato dal cuore d’oro.
Insomma è davvero complicato prendere sul serio una pellicola che non si capacita della propria pochezza. Il parallelismo che intercorre tra la trama ed il film è evidente: i due attori, come i rispettivi personaggi, debbono affrontare un prova che risulta essere fuori dalla loro portata a causa dell’età, dimostrando così di saperci ancora fare. Fortunatamente il ruolo dell’attore offre delle possibilità di reinventarsi che la temporalmente limitata carriera sportiva non offre, ma questi due attempati signori sembrano ostinatamente intenzionati a non cogliere il beneficio che tale mestiere offre loro, continuando a ricalcare ruoli che ormai sono fuori dalla loro portata. Il film, in merito a questo, sembra mettere le mani avanti, spiegando (tramite una frase pronunciata dai due protagonisti) come questa ripresa dei guantoni non sia altro che una lotta contro il ridicolo, che però i due attori perdono malamente. Evitano infatti di scavare a fondo, cercando di dare vita a due personaggi anziani ed amareggiati, ma per nulla rassegnati alla vecchiaia, come per esempio ha saputo fare magnificamente Clint Eastwood con i suoi film più recenti. Con pellicole come Gran Torino e Million Dollar Baby, infatti, è riuscito ad esplorare con occhio raffinato e sensibile i tormenti di personaggi ormai vecchi, senza fare patetici riferimenti ai ruoli da lui precedentemente interpretati, ma senza neppure prendere troppo le distanze da questi ultimi, andando così a disegnare una pregevolissima parabola esistenziale attraverso i diversi protagonisti dei suoi film, che si accosta a quella tracciata dalla sua splendida seconda parte di carriera.
Qua invece nulla di tutto questo, purtroppo: Stallone continua a replicare il solito eroe monocorde ed inespressivo e come forse nessun altro attore De Niro continua, da 15 anni a questa parte, a scimmiottare la propria immagine, dando il colpo di grazia (forse definitivo) alla sua mai nata seconda carriera d’attore (per intenderci, quella che termina con le interpretazioni degli anni 90), nonostante appena un anno fa si fosse distinto per l’interpretazione Pat Solitano, padre del protagonista Breadly Cooper nel film Il Lato Positivo.
Un film che è avvolto da un velo di tristezza, non generato dalla storia che racconta, ma dalla visione di carriere più o meno gloriose (quelle degli attori coinvolti) consumate davanti alla tentazione di poter rivivere le interpretazioni passate, e magari anche di fronte alla possibilità di percepire un altro ingaggio spaventosamente alto, soprattutto se rapportato alle performance qui offerte.

Voto 4
G.P.

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